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Nuovo progetto del governo indonesiano, si paga il sacchetto di plastica

La nuova politica del governo vuole che i grandi magazzini inizino ad addebitare ai clienti i soldi per il sacchetto di plastica, ma le amministrazioni locali di Denpasar e Makassar hanno fatto sapere di non essere ancora pronti ad attuare questo programma nei tempi previsti. 


I rifiuti sono davvero tanti e il governo in Indonesia inizia dai sacchetti di plastica
Si inizia a pagare il sacchetto di plastica
Infatti da questa domenica 21 febbraio in nove grandi città, in coincidenza con la Giornata Nazionale di sensibilizzazione dei rifiuti, i clienti inizieranno pagare il sacchetto di plastica quando acquisteranno nei centri commerciali, grandi magazzini, supermercati e altri punti vendita moderni. 

Il programma, che dovrebbe essere finalmente implementato in un totale di 23 grandi città, ha lo scopo di ridurre i rifiuti di plastica in Indonesia, un paese che consuma fino a 9,8 miliardi di sacchetti di plastica ogni anno. 

Le prime città che inizieranno sono Jakarta, Bandung, Bogor, Banda Aceh, Surabaya, Tangerang e Balikpapan, Makassar e Denpasar dovevano essere anche loro tra i primi, ma come hanno confermato che ritarderanno di qualche settimana. 

L'Agenzia Ambientale di Denpasar, nella persona di AA Bagus Sudharsana, ha fatto sapere che l'amministrazione comunale non è ancora pronta ad attuare questa politica e ha bisogno di altro tempo per discutere con i rivenditori locali. 

Sudharsana ha invitato ad un incontro le cinque aziende di vendita al dettaglio per la prossima settimana e vuole concludere la riunione firmando un memorandum d'intesa (MoU). 

Nel frattempo a Makassar, il Segretario Comunale Ibrahim Saleh ha detto che la capitale della provincia del Sud Sulawesi ha rinviato l'attuazione di questo programma fino al 5 marzo e ha preso tempo per incontrare i leader delle 23 regioni della provincia che si riuniranno con l'Indonesian Retailers Association (Aprindo) per firmare questo protocollo d'intesa sul programma

La decisione del governo di emettere questa circolare che obbliga i grandi rivenditori a mettere una tassa sui sacchetti di plastica è stata ispirata da una petizioni online e offline con 70.000 firme. 

In Bandung, i rivenditori hanno espresso il loro sostegno a questo progetto, ma per ora non tutti sono a conoscenza dell'introduzione di questa nuova tassa sui sacchetti di plastica

Tante persone come Lita Angeline di Medan, Nord Sumatra, che lavora come cassiera in un minimarket Alfarmart su Jl. Jamin Ginting, ha detto che non aveva mai sentito parlare di questo programma.
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9 dicembre: regionali in Indonesia, si compra la politica con il denaro

Denaro politico è il termine usato per descrivere la compravendita dei voti e ha contaminato anche le prossime elezioni regionali previste per il 9 dicembre, queste pratiche prosperano, a causa della mancanza di responsabilità nella campagna di raccolta di fondi.


La gente in Indonesia viene pagata per votare
9 dicembre 2015: votazioni regionali in Indonesia
Wawan Suyatmika, ricercatore presso Transparency International Indonesia (TII), ha previsto che il denaro deciderà le elezioni di dicembre, denaro spartito al buio o alla luce di luminose sale e palazzi.

Rimane una politica fatta di soldi, che piaccia o no, gli interessi degli imprenditori vanno ben oltre il termine di democrazia.

Per evitare che il denaro continui a comprare la politica, Wawan ha detto che ci vuole un forte monitoraggio e tutti i funzionari pubblici, addetti al controllo, dovrebbero essere persone libere da conflitti di interesse.

Inoltre, le fonti di finanziamento della campagna politica dovrebbero essere rese più trasparenti, fornendo gli indirizzi e le identità dei donatori che contribuiscono alla corsa dei candidati a governare.

Norme per prevenire le pratiche oligarchiche sono sui libri, ma la mafia è sempre un passo più avanti, bisogna far crescere nella gente la responsabilità pubblica.

In Indonesia si terranno le elezioni regionali a livello nazionale Mercoledì 9 dicembre 2015 per eleggere i nuovi leader dei 269 governi regionali.

Ci vogliono strumenti forti per monitorare le elezioni regionali e non si può aspettare troppo, si rischia che il cancro progredisca e faccia morire la democrazia.
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Accogliere i rifugiati: Paul Ryan chiede una pausa

Il Presidente della Camera Paul Ryan ha detto che l'America deve prendersi una "pausa" nell'accogliere i rifugiati siriani che vengono negli Stati Uniti in seguito agli attentati di Parigi.


L'America vuole una pausa nell'accoglienza dei rifugiati siriani
Il presidente della Camera Paul Ryan
Paul Ryan, in una intervista dopo una riunione repubblicana a porte chiuse, ha detto: "La nostra nazione sempre stata accogliente, ma non possiamo lasciare che i terroristi approfittino della nostra compassione, questo è un momento in cui è meglio essere sicuri che dispiaciuti, la prudenza non è mai troppa, i terroristi cercano di infiltrarsi tra i rifugiati e noi non vogliamo altre stragi".

I presidenti delle commissioni di sicurezza nazionale stanno lavorando sulla legislazione per la gestione di rifugiati siriani che potrebbe andare al voto già domani 19 novembre, anche se non è ancora chiaro ciò che comporterebbe la legislazione.

Finora il numero dei rifugiati siriani ammessi negli Stati Uniti, dalla loro terra dilaniata dalla guerra, sono stati estremamente limitati e controllati con un lungo processo.

Il democratico dell'Illinois Rep. Luis V. Gutierrez, ha paragonato questa reazione del governo statunitense all'allontanamento degli ebrei in fuga dalla Germania nazista e all'immissione giapponese nei campi di internamento durante la seconda guerra mondiale, io non ci sto, cerchiamo invece di continuare ad essere faro di speranza.

Gli Aiutanti del Congresso repubblicano hanno detto che i legislatori sono sommersi da chiamate, provenienti dagli elettori, che richiedono azioni volte a garantire la sicurezza negli Stati Uniti.

Questo problema è emerso come un test per Paul Ryan, poche settimane dopo aver prestato giuramento come nuovo presidente della Camera.
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Vertice di Vienna: alle stragi, si deve rispondere insieme, in modo concreto

La Siria è un terreno fertile per il terrorismo e la riunione dei ministri degli esteri tenutasi a Vienna, collega questi attacchi devastanti a Parigi, con le turbolenze in Medio Oriente.


Il Segretario di Stato americano John Kerry nei colloqui con il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, in un hotel a Vienna
John Kerry e Sergev Lavrov a Vienna
Il Segretario di Stato Usa, John Kerry e il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov hanno condannato questi attacchi all'inizio della riunione con i rappresentanti di alto livello dell'Iran, dell'Arabia Saudita e di altri paesi cercando di trovare una linea comune che ponga fine alla guerra che dura da più di quattro anni.

L’obiettivo comune è quello di trovare un compromesso, che renda possibile in Siria una tregua tra il governo di Bashar Al Assad e l’opposizione armata moderata, formando un esecutivo di transizione composto in modo consensuale da entrambe le parti.

Questo governo dovrebbe avere pieni poteri e lottare contro i terroristi e i militari dello Stato islamico e di Jabha An Nusra, ma sono due i grandi ostacoli da superare:
- Il futuro di Bashar Al Assad.
- I gruppi terroristici in Siria, esclusi dalla tregua e dal governo di transizione.

Questi ostacoli oppongono da un lato gli occidentali e le monarchie del Golfo e dall’altro l'Iran e la Russia.

Tutti sono concordi che bisogna fare alla svelta in quanto più di 250.000 persone sono state uccise nella guerra siriana, undici milioni sono state sradicate dalle loro case e questo conflitto ha permesso ai militanti islamici dello Stato di ritagliarsi parti significative di Siria e Iraq per le loro aspirazioni al califfato.

L'Europa e i paesi vicini della Siria, nel frattempo, stanno lottando per far fronte alla peggiore crisi migrante dalla seconda guerra mondiale.

Il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius, ha detto nel suo intervento, che gli attacchi a Parigi hanno reso urgente, per la comunità internazionale, trovare un approccio comune in Siria e contro il terrorismo.
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Sarkozy incontra Putin a Mosca

L'ex presidente francese Nicolas Sarkozy ha invitato l'Occidente a smettere di isolare la Russia e si è incontrato con Vladimir Putin per una incursione diplomatica insolita.


L'ex presidente francese si colloca dalla parte della Russia
Incontro a Mosca tra Putin e Sarkozy
Putin ha ospitato Sarkozy nella sua residenza a Mosca per parlare di politica estera e per sentire la sua visione in questo delicato momento in cui si sta cercando di isolare la Russia, ma si rischia di innescare una nuova guerra.

L'ex leader francese ha ribadito a gran voce che "la Russia e l'Europa devono lavorare insieme" per terminare le attuali tensioni, in particolare sul tema della Siria e ha aggiunto che "il mondo ha bisogno della Russia e la Russia non si sta tirando indietro quando si tratta di sedersi e di trovare una linea comune e di collaborazione".

Questo incontro, tra Nicolas Sarkozy e Vladimir Putin, ha fatto arrabbiare un po' in Francia dove i suoi sostenitori, rileggono questo summit, come potenzialmente dannoso per gli attuali sforzi diplomatici di riportare Sarkozy alla presidenza francese nel 2017.

In un discorso all'università di Mosca, Sarkozy ha poi detto che dovremo in alcun modo accettare una nuova guerra fredda se continueremo a non trovare una strategia comune e un coinvolgimento attivo della Russia nell'Occidente.
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La politica sta uccidendo quelli che fuggono per salvarsi la vita

L'evidenza è sugli occhi di tutti, barche cariche di persone che attraversano in condizioni disumane il mare, profughi esausti e barcollanti che cercano di fuggire dalle isole greche, barche controllate dalla mafia che partono da ogni dove e cercano la speranza di un luogo senza guerra, famiglie disperate che cercano di superare il recinto di filo spinato che separa la Turchia e la Siria, per sfuggire alle battaglie combattute a poche miglia di distanza.


Gli immigrati aumentano e gli Stati rimandano il problema
Barche, cariche di profughi, cercano la salvezza
Tutti i giornali raccontano e a volte fomentano l'odio razziale, ma non dicono le storie che stanno dietro a questi stranieri, raccontano solo i fatti negativi e continuano a creare la caccia al diverso.

Le persone che arrivano chiedono solo ospitalità, tranquillità, sicurezza e la possibilità di una vita migliore, ma siamo noi con la nostra politica che siamo capaci di trasformare la mano tesa in campagna politica.

Secondo l'Onu sono 60 milioni le persone sfollate e l'86 per cento di questi immigrati sono ospitate dai paesi poveri in via di sviluppo.

La paura, la miseria e la violenza regnano sovrani in tutto il mondo dal Marocco, al Myanmar, attraverso il Mar Rosso fino allo Yemen, alla Turchia, alla Bulgaria, alla Grecia e all'Europa meridionale, attraverso il Mar delle Andamane e dal centro al sud America.

Il problema dell'immigrazione è globale e le politiche sui migranti stanno fallendo in ogni parte del mondo si sostituisce l'aiuto con il business e si cerca in tutti i modi la notizia, da dare all'opinione pubblica, che mostri lo straniero, come un mostro, come qualcuno da non aiutare.

Le Convenzione del 1951 sui rifugiati e le altre politiche migratorie nazionali e internazionali, che parlano di fornire rifugio e protezione sicura, sono spettacolarmente insufficienti.

Il quadro internazionale in materia di asilo e aiuto ai rifugiati è limitata dalla volontà politica delle stesse persone incaricate di maneggiarlo e molti paesi se ne lavano le mani o rimandano il problema ad altri.

Tutti gli Stati eludono la loro responsabilità condizionandola alla politica locale.

Anzi parecchi Stati si nascondono dietro finanziamenti umanitarie (che mai arrivano a destinazione) ai campi profughi in Turchia, Pakistan, Libano, Kenya, Etiopia e poi rendono difficile, se non impossibile mettere piede all'interno dei propri confini.

Speriamo presto il mondo possa ritrovare la parola solidarietà e non continui a nasconderla dentro il termine di politica e di business.
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Il presidente indonesiano risponde al mondo: la pena di morte non si tocca

Respingendo tutte le polemiche e i clamori che sono stati suscitati dalle esecuzioni di cinque cittadini stranieri, condannati per i reati di droga, il governo indonesiano resta convinto nella pena di morte per i trafficanti di droga.


Il ministro degli Esteri ha ribadito che ogni paese deve poter fare le propria politica interna nel bene dei suoi cittadini
Tabella riassuntiva della pena di morte in Indonesia
Il ministro degli Esteri Retno LP Marsudi ha detto che il governo indonesiano ha chiesto che i paesi rispettino la ferma posizione dell'Indonesia contro i trafficanti in quanto la droga sta dilagando nel paese facendo tante vittime.

Il governo aveva respinto un appello del ministro degli Esteri australiano Julie Bishop, che aveva chiesto clemenza per i due cittadini australiani, Andrew Chan e Myuran Sukumaran, entrambi trafficanti di droga e condannati alla pena di morte.

Retno LP Marsudi ha risposto con una lettera dove ha spiegato che la politica indonesiana non faceva altro che applicare la legge e che coloro che entrano in Indonesia devono conoscere e rispettare e poi ha aggiunto che sperava che questa cosa non influisse nei rapporti diplomatici tra Jakarta e Canberra, che in diverse occasioni durante l'anno sono diventati tesi.

L'Australia ha cercato in tutti i modi di salvare i due detenuti, entrambi coinvolti nel caso "Bali Nine", dove nel 2005 il governo indonesiano ha sventato il tentativo di contrabbando di una grande quantità di droga dall'Indonesia all'Australia.

Il Brasile e l'Olanda hanno richiamato i loro ambasciatori per protestare contro l'uccisione dei loro cittadini, Retno LP Marsudi di fronte a queste pressioni ha detto di voler mantenere la comunicazione, e l'amicizia, ma far vedere a tutti che questo è un problema grave che interessa la vita delle persone indonesiane e quindi non possiamo avere nessuna clemenza.

I dati dell'ufficio del procuratore generale (AGO) hanno registrato che tra il 2004 e il 2014, 64 trafficanti di droga sono stati messi a morte, sette dei quali sono stati eseguiti e lo scorso dicembre, il presidente Joko "Jokowi" Widodo ha respinto le richieste di clemenza per i 64 trafficanti di droga attualmente nel braccio della morte.

Infine Retno LP Marsudi afferma che gli altri stati devono capire che non possono interferire nella politica interna, e tali richiami servono come risposta per la domanda del pubblico nei loro paesi, una domanda simile la nostra gente la fanno quando i nostri cittadini devono affrontare la decapitazione all'estero.
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